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Andate dal vostro “spacciatore” di libri e chiedetegli Natalino di Caterina Malara, edito da Guida Edizioni. 

Poi vi prendete un po’ di tempo per voi e iniziate a leggerlo.

Dopo poche pagine vi sentirete catapultati in una dimensione particolare, stra-ordinaria e deciderete di centellinarlo per gustare ogni frase, ogni espressione, ogni scena, ogni soggetto, ogni oggetto, ogni situazione, fino alla fine.

In Natalino non troviamo soltanto la storia di quest’uomo, ma troviamo la comunanza con altre storie simili di tanti uomini, a volte anche donne, meridionali e, nel caso specifico calabresi, che negli anni della prima metà del secolo scorso, arrivati alla tenera età di 8-9 anni, venivano affidati dalla propria famiglia alle famiglie dei possidenti per diventare i serviceddi, a servizio nelle case e nelle terre di costoro.

In Natalino non troviamo soltanto la storia di quest’uomo ma troviamo anche la storia di innumerevoli uomini e donne partiti dalla propria terra meridionale, calabrese, reggina, per andare a lavorare al Nord e con il cuore rivolto a Sud; storia di emigrazione, comune a tanti in un tempo che pare senza fine, storia che continua a ripetersi in case costruite per le agenzie immobiliari.

 La storia di Natalino si svolge nella zona di Pellaro di Reggio Calabria, sullo stretto di Messina, di fronte all’Etna; la vita lo porta a trasferirsi in Piemonte all’etá coincidente con l’inizio del servizio militare e a rimanerci per lavorare, prima alle dipendenze e poi in proprio nella sua carrozzeria. Si sposa con Marianna, la sua amata calabrese e si stabiliscono in Piemonte dove partecipa attivamente alla vita sociale del suo ambiente, fino quasi ad interrompere  i rapporti con la terra d’origine nella quale torna solo per le ferie estive.

Questa storia Caterina Malara ce la racconta col suo garbo personale,  intervallando la narrazione con  i suoi ricordi personali di quando Natalino le raccontava di sé, della sua vita passata e presente. Ma non voglio dirvi oltre della storia; dovete fare il vostro percorso personale.

Posso, però, dirvi che Caterina Malara non ha scritto un libro: quelle 166 pagine, copertina compresa, non sono semplicemente un libro ma sono qualcosa di più: sono un libro aumentato. 

Perché dentro ci troviamo un dizionario di calabrese reggino, con tanto di legenda in appendice per la traduzione di alcuni modi di dire o proverbi.

Perché dentro ci troviamo anche un libro di ricette di case calabre, dove ad ogni cibo o piatto corrisponde la descrizione di come si realizza, tanto coinvolgente da far sentire i profumi che si espandono per le case.

Perché dentro ci troviamo pure un manuale di lavori artigianali e di agricoltura e di lavorazioni tipiche del posto, tanto che la descrizione della lavorazione del bergamotto è un saggio breve sul settore primario e secondario dell’economia reggina.

E se pensate di trovarvi davanti ad un libro intriso di nostalgia dei tempi che furono, devo dirvi che vi state sbagliando. Anzi, vi troverete davanti a qualcosa di “moderno”, nella riscoperta di uno stile di vita che oggi va sotto la denominazione di cottagecore, un movimento culturale che da oltre un anno, complice la pandemia, riscuote successo prediligendo vita semplice in campagna, vestiti cuciti a mano, pane fatto in casa con lievito madre, ritorno del ricamo e del lavoro a maglia, rivalutazione del vicinato, socialità di prossimità.  

Non indugiate. Andate, Natalino vi aspetta! 

Infografica Natalino di Caterina Malara
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