0 Flares Filament.io 0 Flares ×
Zygmut Bauman durante il suo intervento a Rimini il 13 novembre 2015Zygmut Bauman durante il suo intervento a Rimini il 13 novembre 2015

Zygmut Bauman, il sociologo e filosofo polacco cui appartiene la definizione dei moderni concetti di “società liquida” e “omogeneizzarsi”, è stato tra gli ospiti illustri del X Convegno internazionale sulla qualità dell’integrazione scolastica e sociale, organizzato dal Centro Studi Erickson e tenutosi a Rimini dal 13 al 15 novembre.

Durante il suo intervento ha dialogato con Riccardo Mazzeo sul tema dell’educazione al tempo delle migrazioni. Ne ho ricavato quanto segue.

Il sociologo è partito dall’analizzare il problema dalla sua insorgenza, evidenziando come, in breve tempo, “le multinazionali hanno privato le popolazioni native dei fondamentali diritti umani: niente più terra, niente più acqua, niente più casa. E’ da qui che sono esplose le migrazioni, senza dimenticare che le migrazioni sono anche una conseguenza della globalizzazione.”

A noi insegnanti, in particolare, Bauman si è rivolto dicendo che “dobbiamo tener presente che i problemi globali devono trovare soluzioni a livello locale, affrontando problemi nati lontano”. Pertanto, noi insegnanti ci troviamo ad “affrontare problemi che non nascono nelle nostre classi ma nascono molto lontano da noi;  e su tali problemi non abbiamo alcun controllo”.

Si chiede Bauman come sia possibile “dimenticare che ci sono 60 milioni di persone provenienti dall’Africa,  dal Medioriente che non hanno più casa, hanno perso il loro posto nel loro paese e cercano un nuovo posto nel mondo? Come ignorare i problemi di persone che cercano casa e sono senza casa? Il problema stesso della migrazione si sta ingrossando”.

Secondo il sociologo non abbiamo avuto contezza del fenomeno, “solo qualche settimana fa abbiamo capito cosa sta veramente accadendo, quando Alan, il bambino siriano, è stato trovato sulla spiaggia. È lì che abbiamo avuto una reazione umana. Non è più stato possibile chiudere gli occhi. Ma, come tutte le cose di questa società liquida, moderna, la reazione umana è durata poco. Questa esplosione di solidarietà è durata poco ed è stata sostituita da una sorta di risentimento e paura verso gli stranieri. Perché essi suscitano incertezza, e a noi l’incertezza non piace e non sappiamo cosa fare. Di fronte agli stranieri, quindi, sospettiamo e crediamo siano pericolosi solo perché sono stranieri. Ciò dovrebbe essere soppiantato da un’altra considerazione: Bertold Brecht  una volta scrisse che gli stranieri erano portatori di disastri, di cattive notizie. Ecco il motivo di queste incertezze su questa ondata migratoria.  Abbiamo tante incertezze noi oggi: salario, occupazione, casa, lavoro fisso non appartengono più al nostro oggi. Abbiamo incertezza sul futuro che non sappiamo come affrontare anche solo il vedere tutte le persone che stanno nelle stazioni di Milano e Roma. Queste persone avevano casa e lavoro. Tutto questo genera in noi incertezza, siamo timorosi perché pensiamo che potrebbe succedere anche a noi e abbiamo paura. Consideriamo queste persone come messaggeri di cattive notizie. Gettiamo su di loro tutte le colpe, le responsabilizziamo di tutto, fino a lasciarli addirittura morire”.

Non ha tralasciato di lanciare un affondo ai governanti riunitisi a Malta nei giorni scorsi: “non si sono mostrati in grado di prevenire questo processo migratorio.  Hanno passato il tempo a litigare sul quanti ne dovesse prendere una nazione o l’altra, cercando di dividere e mettere limiti”.

Poi è tornato a parlare in modo diretto agli insegnanti, affermando che la globalizzazione alla fine arriva alle nostre porte di casa, alle porte delle nostre classi, dappertutto. “Vi do una notizia, che non è bellissima ma non è del tutto negativa: c’è poco che voi insegnanti potete fare, a meno che non siate coinvolti in un processo in cui possiate rendere la realtà più ospitale per queste persone, trovando delle soluzioni insieme a voi e non a prescindere da voi. I problemi creati a livello globale atterrano nelle vostre scuole. Nella composizione delle classi si trovano i locali e nuovi arrivati: culture, religioni, lingue diverse”.

Come trasformare, allora, la diversità in occasione di crescita? “Ci vuole tantissimo tempo ma vi racconto una storia, riguarda la mia nuova casa. Dalla finestra vedo passare ragazzi della secondaria e i ragazzi vanno sempre in gruppo.  Anni fa i gruppi erano monocolore. Adesso è difficile trovare gruppi monocolore, adesso i gruppi sono multicolore. Ma ci sono voluti 46 anni per vedere una situazione del genere. Allora vi dico che la composizione mista delle classi sta a voi farla diventare fonte di creatività; ci vuole tempo, non ci sono scorciatoie che siano immediatamente efficaci. La composizione delle classi è un problema che viene dalla globalizzazione, e non siete stati voi ad andarvelo a cercare!”

Bauman non tralascia anche un altro fenomeno moderno, la massiccia disponibilità di media: “non siete più soli ad educare, ma non lo fate con i genitori, no. Lo fate con i laptop, gli  martphone. Il punto è che i ragazzi non vedono la foresta, ma vedono l’albero, e con questi piccoli tweet non vedono neanche l’albero, vedono un ramo, una foglia. Nicholas Carr in un libro parla dell’invenzione dei media, dei social media, che sono stati inventati prima che i nostri ragazzi venissero al mondo. Eppure loro non riescono ad immaginare un mondo senza. E dice Carr:  “una volta ero un sub mi piaceva andare a fondo delle parole adesso sfreccio sulla superficie delle cose, restiamo a galla non andiamo in profondità nelle cose, facciamo surfing.

Allo stesso modo,  i ragazzi si accontentano di questo che è facile ma molto minaccioso, perché questo fa vittime collaterali: ci sono abilità e competenze che diventano più difficili,ma  indispensabili. Però poi non c’è capacità di cimentarsi, non c’è pazienza, non si leggono libri dall’inizio alla fine, si vive soltanto di aforismi e citazioni. È un effetto combinato tra poca pazienza e poca concentrazione e quindi porta cambiamenti di personalità. Ci troviamo di fronte alla moda del  breveterminismo: si fanno progetti brevi, si vogliono risultati immediati. Internet,  che doveva essere una medicina che ci doveva dare cose in più, si sta rivelando peggiore della medicina.”

Bauman ha concluso il suo intervento recitando questo proverbio cinese: “se vuoi un anno di prosperità coltiva grano, se vuoi 10 anni di prosperità coltiva alberi, se vuoi un secolo di prosperità coltiva persone.”

Infine, ha rivolto un’esortazione valida per gli insegnanti e per chi sta nei luoghi delle decisioni: “cercate di investire nelle nuove generazioni nei prossimi 100 anni perché, alla lunga, vedrete generazioni coltivate ed  educate bene.”

L’intervento di Zygmut Bauman a Rimini si è svolto la mattina del 13 novembre, non sapevamo ancora che da lì a poche ore avremmo trascorso la notte attaccati agli organi di informazione per cercare di capire cosa stesse accadendo a Parigi. Anche alla luce dei nuovi fatti, trovo tanti spunti di riflessione da riportare nei nostri team o consigli di classe, per mettere in campo momenti di formazione orizzontale ed autoformazione condivisa. Con l’obiettivo di creare e far crescere una scuola veramente inclusiva, che sappia valorizzare le differenze, attraverso azioni caratterizzate da equità.

0 Flares Twitter 0 Facebook 0 Google+ 0 Pin It Share 0 Filament.io 0 Flares ×
Share