Busso all’Ufficio Oggetti Smarriti, c’è un antico battiporta a testa di leone dalla cui bocca viene fuori l’anello da prendere e mandare su e giù fino alla porta per fargli fare “toc toc”.
La porta si apre automaticamente, non c’è portiere.
In realtà non c’è neanche un custode; all’UOS tutti siamo custodi di tutto, perché gli Oggetti (qualcosa/qualcuno) Smarriti appartengono a tutti, nessuno ne è proprietario esclusivo.
Entro, percorro il corridoio luminoso e vado in cerca della stanza dove è ospitato lo scaffale corrispondente alla lettera P.
L’OS che ho portato oggi, perché venga qui custodito, è la pezzara, un tappeto tessuto al telaio a mano dalle artigiane, fatto con l’ordito di filato di ginestra e con la trama di strisce di stoffe ricavate da vecchi vestiti dismessi e fatti con tessuti naturali quali lino, cotone, canapa. Veniva usata anche come coperta pesante sopra il letto o come coprirete, sotto il materasso della sposa che la portava addirittura in dote; se ne cucivano due o più assemblandole sui lati e si raggiungeva la larghezza desiderata.
A dirla tutta, la pezzara esiste ancora, la si può trovare sulle bancarelle dei mercati, anche a buon prezzo, tipo 13 euro una da 3,5 metri. Solo che della pezzara vera ha conservato solo il nome.
La pezzara, o come potrebbe essere denominata in altre zone della Calabria, la pezzolara o la ritagghjata, quella “vera” era resistente, soda, la mettevi sul pavimento e non si spostava, la potevi lavare in lavatrice a 40 gradi e rimaneva bella così come quando l’avevi presa e lasciava andare via le eventuali macchie che aveva preso dall’uso.
La pezzara odierna, sa di “finto”, non ha l’ordito di ginestra ma di semplice filato nonbendecifrabile, e la trama è fatta di strisce di stoffa tratte dagli indumenti dismessi della modernità; lycra, acrilico, poliestere, poliammide, acetato… Fibre che provengono da quegli indumenti che trovi in tutti i negozi da quando la manifattura cinese ha preso il sopravvento.
Li riconosci subito, quando li incontri, questi tessuti: basta toccarli ed i capelli ti si rizzano in testa, subito elettrizzati. Basta indossarli e dopo soli cinque minuti, al primo movimento con conseguente respiro e traspiro della ghiandola sudoripara ascellare, accade che cominci ad emanare effluvi cipollosi che se ti sente la cipolla rossa di Tropea sbianca fino a diventare una cipollina sottaceto Saclà.
Ho chiesto un pò in giro, volevo sapere dove si può trovare una pezzara “vera”. Mi è stato detto che a Benestare c’è una signora che le fa e anche bene. Qualcuno mi ha suggerito di provare a Gerace, si sa che lì la lavorazione dei tessuti al telaio è una grande tradizione. Qualcun altro mi ha detto che ne fanno anche a Tiriolo, nel catanzarese. Addirittura c’è chi si è spinto a non promettere niente, sottintendendo una promessa di pezzara. Un amico mi ha addirittura detto: te la porto io!
Sta di fatto che io di pezzare ne ho avute e ne ho ma, qualcuna si è lisa e vorrei rimpiazzarle con delle nuove; solo che quelle che ho avuto modo di vedere sulle bancarelle non mi hanno soddisfatto. Allora ho pensato di portarla qui all’UOS e attendere che qualcuno venga a reclamarla e a rimetterla in circolo, bella e autentica come un tempo.
Nel frattempo io aspetto, la vicenda mi sta a cuore e non ho alcuna intenzione di metterci una pezzara sopra.
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