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(Articolo apparso su Zoomsud.it a questo link)

C’è poco da fare: quando una cosa bella finisce, ti lascia un vuoto dentro.  Perché vorresti non finisse mai, perché vorresti che si ripetesse all’infinito.  Invece te ne resta soltanto il ricordo. E cominci un viaggio a ritroso, e ripensi ai momenti trascorsi e già immagini il momento in cui, ai tuoi compagni d’avventura chiederai: ma ti ricordi….? E ti ricordi poi….? E ti ricordi quando….?

Impresso nei ricordi di Gerace Libro Aperto avrò l’ultimo giorno, il momento finale, l’arrivederci, con tutti gli artefici schierati a ringraziare il pubblico, con la soddisfazione gioiosa sul viso a sovrastare la stanchezza, a rincuorare l’ardire di averci provato per la seconda volta, a prendere l’impegno che non sarà l’ultima ma che si moltiplicherà per dodici, quanti sono gli Editori presenti, quanti sono i mesi dell’anno. Uno al mese, porteranno a Gerace una pubblicazione da presentare. E sarà Gerace Libro Aperto ogni mese, anche se per rivedere i libri in mostra sotto gli archi del Chiostro di San Francesco dovremo attendere un anno. Ma quanto sarà bella l’attesa, scandita ogni mese!  E non potrò non ripensare alle scarpe rosse tacco 14 delle scrittrici che ci hanno offerto coinvolgenti reading dei loro rispettivi libri, con le chitarre elettriche dal vivo ad apporre sottolineature alle loro parole: storie di margine in un’ordinaria notte metropolitana. Storia di passione, amori, arte, poesia. E come dimenticare l’Ohtello Profazio, invidioso dell’h di Sharo Gambino, mentre sciorina e distribuisce il grande “io” che sente minato dai giovani cantori che avanzano sulla scia della modernità del vernacolo calabrese reinterpretato e mescolato all’inglese? Chi glielo dice che è questa la vera Ricerca e che oggi noi calabresi tendiamo di più al Cosmopolitanamama? E sentir dialogare due giornalisti liberi su politica e malaffare, con un fluire dialettico che ti cattura.

E nel giorno precedente star seduti alla brezza della piazza delle Tre Chiese mentre l’esperienza sensoriale entra in contatto prima con chi testarda non ha voluto lasciare la Calabria, dice, e racconta il suo essere senza targa, tra giocolieri e trampolieri;  poi col bel giovane poeta dall’aria vissuta che recita soffiandoti addosso: La aurora de Nueva York tiene cuatro columnos de cieno , mentre, a suon di chitarra battente, afferma che a tredici anni era già morto un paio di volte; e poi lei, la scrittrice delle passioni, quella con le scarpe rosse, che insieme a lui implorano di non esser giudicati severamente. Ed il sigillo del Cantu e Cuntu di Rosa, in chiave da International Jazz Day. I vini, pure i vini, divini!

E nel giorno ancora prima quando, apparentemente geografici, i dialoghi puntavano all’eternità della bellezza dei luoghi; ad una filosofia che interpreta la filosofia e si reinterroga; alle ribellioni dell’animo calabrese: con le sottolineature dei Loukritia.

E prima ancora, stai spettatore davanti a due giganti della letteratura che dialogano amabilmente, l’una degli scritti dell’altro e, forse, viceversa; lei che ti racconta le sue scelte da donna determinanti per la vita, con quel pizzico d’ironia e un aplomb dagli occhi azzurri sotto il carré bianco argento; lui che incassa elogi per la scrittura e ribatte con altrettanta ironia, parlata e condita da locuzioni aspromontane, com’è solito scrivere. L’apertura ufficiale, sotto la benedizione degli Editori che decidono qui di creare un loro Coordinamento regionale, sollecitati dalla sordità di una Regione, prima tra le Regioni ospite al prossimo Salone Internazionale del Libro di Torino, che tale opportunità trasforma in problema, non tenendo in debito conto proprio gli Editori calabresi, cioè i titolati ad avere visibilità, e parole scritte.

Ed il primo giorno, la rottura del ghiaccio, con uno storico ricercatore che ha scovato negli archivi dell’Università di Harvard 21 disegni inediti di Edward Lear quando durante il suo Grand Tour passò da queste parti; e con dieci penne femmine che a vario titolo raccontano impreviste genealogie, diverse madri in diversi tempi, tra pubblico e privato, in relazioni politiche, in arte e in letterature, dibattute tra femministe della prima e dell’ultima ora/generazione.

E’ il momento in cui arrivo a Gerace, dopo aver percorso la stradina secondaria tra ciuffi di finocchi selvatici fioriti a restringere la carreggiata e a dominare la Costa dei Gelsomini dalle colline che conducono su. Saluti, abbracci, baci, prima di tutti con le Direttrici Artistiche, instancabili organizzatrici e conduttrici; e poi quanti amici, quante facce nuove! E quante culturelazioni da intessere. Andiamo, si comincia!

 

Personaggi e interpreti in ordine sparso di apparizione:

Gli artefici schierati: Maria Teresa D’Agostino, Margherita Catanzariti, Emanuela Ientile, Luca Marturano, Pino Varacalli, Vincenzo Femia, Franco Arcidiaco, Antonella Cuzzocrea, Franco Pancallo, Domenico Garreffa, Roberto Laruffa.

Gli Editori: Città del Sole, Franco Pancallo, Arti Grafiche AGE, Rubbettino, Sabbiarossa, Laruffa, Coccole e Caccole, Angelo Laganà, Ferrari, Nuove Edizioni Barbaro, Disoblio,  Leonida Edizioni.

Cosmopolitanamama: Fabio Macagnino.

I senza targa: Paola Bottero, Alessandro Russo

Il bel giovane poeta: Daniel Cundari

Le scrittrici con le scarpe rosse: Katia Colica, Margherita Catanzariti

I giornalisti liberi: Claudio Cordova, Gianluca Albanese

La chitarra battente: Francesco Loccisano

Cantu e Cuntu di Rosa: Manuela Cricelli, Peppe Platani

Gli apparentemente geografici: Franco Pancallo per Salvatore Gemelli, Saso Bellantone, Giuseppe Trimarchi.

Due giganti della letteratura: Adele Cambria, Mimmo Gangemi

Le direttrici artistiche: Maria Teresa D’Agostino, Margherita Catanzariti

Lo storico ricercatore: Pino (Giuseppe Fausto) Macrì

Le femministe: Giovanna Vingelli e le altre nove, le intervenute tra il pubblico

(e spero di non aver dimenticato nessuno. Nel caso, perdonatemi se potete.)

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