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Ci sono delle porte che non si aprono perché che non si possono aprire. E ci sono delle porte che non si possono aprire, tranne qualche eccezione. E’ un’eccezione diventata regola l’apertura delle porte dell’Istituto Penale Minorile di Nisida durante il primo quadrimestre dell’anno scolastico. Da quelle porte, ogni anno, da cinque anni, alcuni scrittori fanno il loro ingresso nelle aule del Laboratorio di Lettura e Scrittura della Scuola di Nisida, accompagnati dalla docente di lettere Maria Franco.
E’ diventato un appuntamento tradizionale, di quelli che si attendono con piacere perché non sai mai quali emozioni ti riserverà al suo epilogo, che arriva adesso, puntuale.
Uscirà tra qualche giorno il nuovo libro frutto del lavoro svolto nel Laboratorio. Dopo l’ultimo in ordine di tempo, La grammatica di Nisida, quest’anno è la volta di Parole come pane, la sintassi di Nisida, edito da Caracò, pronto per essere fruito in modalità cartacea e digitale. E’ un libro di racconti, firmati dai singoli scrittori, che sono scaturiti dal lavoro fatto con i ragazzi detenuti. “La sintassi e il pane. Parola difficile, la prima”, spiega Isabella Bossi Fedrigotti nell’Introduzione, “perfino chi segue studi regolari può rimanerne smarrito, disorientato. Figurarsi questi ragazzi di Nisida, dei quali quasi nessuno ha mai messo piede dentro una scuola superiore e molti nemmeno in una modesta media. Eppure hanno imparato, hanno capito…” .
E il pane. Legato, per tradizione popolare al carcere: pane e acqua, come unico alimento. Ma qui il pane è congiunto alle parole; di parole si sono nutriti questi ragazzi nei mesi di lavoro nel Laboratorio; di parole come pane quotidiano. E di complementi analizzati sintatticamente, e nella loro essenza denominativa. Ad ogni scrittore è stato affidato un complemento da portare in Laboratorio con i ragazzi: ad Alessandro Gallo il complemento di Modo, a Daniela de Crescenzo, il complemento di Qualità, a Viola Ardone il complemento di Moto a Luogo, a Cristina Zagaria il complemento di Compagnia, ad Anna Petrazzuolo il complemento Oggetto, ad Andrej Longo il complemento di Fine, a Patrizia Rinaldi il complemento di Stima, ad Antonio Menna il complemento di Stato in Luogo, a Gianni Solla il complemento di Argomento, a Paolo Curtaz il complemento di Tempo. Dieci scrittori per dieci racconti, raccolti nella prima parte del libro, in cui le parole diventano pane per il lettore che entrando nel vissuto di questi ragazzi, accende la propria empatia e la alimenta ogni volta che gira pagina, quando si imbatte in frasi come “a mia mamma gli vorrei dare una raffica di baci e un caricatore di abbracci”, oppure “Ho ammazzato, e mi condannerete perché ho ammazzato per una stupida borsetta. Invece no, mi dovete condannare perché volevo una famiglia, perché non ho mai ricevuto un bacio sulla fronte, perché nella mia vita di merda nessuno mi ha regalato un giorno di ordinaria poesia.”
E’ intriso, questo libro, di frasi che suscitano emozioni, a volte anche contrastanti. E non solo nei racconti. Anche la seconda parte, quella scritta da Maria Franco, è un fluire di parole: i pensieri, gli scritti dei ragazzi qui diventano prova della metodologia didattica utilizzata, tanto che il libro, da raccolta di racconti, diventa un saggio, una guida alla didattica possibile anche oltre i confini di Nisida. Si trova la descrizione del percorso che ogni scrittore ha seguito con i ragazzi, dal primo ingresso in Aula Dinacci, fino alla conclusione del Laboratorio, passando per le produzioni letterarie di tutto il percorso contenute nelle singole “cartelline verdi”.
A conclusione del libro, Maria Franco espone alcune considerazioni profonde sul significato del suo lavoro a Nisida, tanto da arrivare a darsi l’aggettivo “nisidiana”, come a dire che Nisida ce l’ha appiccicata addosso. Ed è proprio così: “Quanto e come sia riuscita ad insegnare a Nisida, è giudizio che non posso dare certo io. So quanto ho imparato. Sono diventa esperta in dolore e problematiche sociali, ho misurato la distanza che passa ancora tra la realtà e quella meraviglia che è l’articolo 3 della nostra Costituzione. Ho appreso, non solo intellettualmente, che, tra l’urlo e il silenzio, è sempre possibile la parola. A patto che la prima narrazione su cui si provi ad agire, decostruendo e costruendo costantemente, sia la narrazione di se stessi.”
I ragazzi di Nisida adesso attendono di esser letti, ascoltati, dal pubblico che quelle porte non possono trovare aperte ma che possono provare ad aprire attraverso Parole come pane, perché loro, i ragazzi, lo sanno e lo scriverebbero sui social: “Yes I know my way, cioè Io conosco la mia strada, è un messaggio che dice Tutti hanno un’altra possibilità”.
AA VV, Parole come Pane. La Sintassi di Nisida, Caracò editore www.caraco.it
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