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roccjazzAlla fine il Roccella Jazz  Festival s’è fatto. La sessione estiva, diciamola tutta, è stata fatta. Per il resto siamo stati rimandati all’inverno, con la speranza che l’autunno porti i frutti sperati: gli euro dei finanziamenti pubblici promessi e non ancora incassati dall’ACJ (Associazione Culturale Jonica) che idea, organizza e gestisce il Festival. Dopo tutti i “forse” delle ultime settimane, alla fine l’organizzazione è riuscita a garantire un miniFestival, conclusosi con 2 serate di concerti al Teatro al Castello, in luogo dei 4 rituali. Date le difficoltà di realizzare il Festival, mi sono imposta di rifiutare biglietti e/o accrediti e di acquistare i biglietti per le serate con l’intento di contribuire e sostenere questo Festival che mi sta a cuore. #iosostengoRoccellaJazz
Ovviamente, non ho potuto fare a meno di prendere Nota di quanto ho potuto osservare e ve lo riporto qui di seguito, con alcuni “Pensieri a margine di Roccella Jazz” (raccolgo e integro i post che ho scritto su Facebook).

La platea
La platea del Teatro al Castello si divide in tre settori, dati dal livello di coinvolgimento e passione.
Nel primo settore, le prime 5 file di poltroncine, siedono gli “obbligati”, quelli che non sono lì per scelta ma per dovere di qualche ufficio: le autorità invitate e la stampa accreditata. Quelli che non possono spegnere il telefonino, ma solo silenziarlo, perché sono sempre reperibili. Tanto che, nel momento esatto in cui il concerto diventa un tantino “troppo rilassante”, arriva la telefonata urgente e salvifica e l’”obbligato” è obbligato a scappar via.
Nel secondo settore, dietro il primo e da esso rigorosamente diviso da transenna, siedono gli appassionati che non rinunciano alla poltroncina; ascoltano jazz ma sono classici, non poggerebbero mai i propri glutei sul duro marmo della gradinata, preferiscono la morbida resina.

Nel terzo settore, la gradinata del teatro, siedono gli intenditori con biglietto alla mano che cercano la posizione migliore per visuale e acustica e quelli che sono stati “spinti” a presenziare perché omaggiati di biglietto. Memorabili, e furbi, quelli che arrivano con cuscino al seguito, onde poter poggiare le terga in postazione soffice per tutto il tempo necessario senza dover cambiare posizione ora ad una gamba, ora all’altra, magari incrociarle ad indiano, oppure raccoglierle in posizione quasi fetale, accavalla, scavalla, ecc..

La biglietteria
Date le uniche due serate al Teatro al Castello, non sono state previste formule abbonamento. Prezzo intero delle singole serate, 15 euro. Sulle locandine veniva specificata la scontistica che prevedeva una riduzione di 5 euro per gli under 18, gli over 65 e i possessori di tessera Roccellaestate. Ai tesserati Legambiente, Contship e FAI sarebbe stato applicato uno sconto del 50%. Dai calcoli della biglietteria il 50% di 15 euro fa 10 euro. Ai contestatori veniva risposto che il manifesto era vecchio. Ma come? Il programma era quello nuovo! Da capirla, la biglietteria,  non è abituata a lavorare molto.

Voci tra il pubblico
Ne ho sentite di belle, del tipo:
Guarda cu c’è!” in puro stile gossip paro.
Lì davanti c’è il sindaco di Marina di Gioiosa, Vestito. Lui si, ma i suoi turisti girano nudi per le strade“. (chiaro riferimento ai turisti che girano in bikini lungo le strade di Marina di Gioiosa)
Guarda, tutta la Procura di Locri in prima fila. Te credo, so’ venuti a sturarsi le orecchie dopo che tutto il giorno stanno a sentì Gigi D’Alessio! Si, ma se so’ seduti vicino a De Magistris.” (chiaro riferimento a rappresentanti della Giustizia locrese)
Povero Raffa, ha sborsato 40mila euro per un’ora scarsa!” (chiaro riferimento al contributo erogato dalla Provincia di Reggio Calabria, il cui presidente, Giuseppe Raffa è stato presente al Festival per poco tempo)
Il jazz è bello, ma dopo un po’ ti scoccia. Proprio lo scotch sta suonando il batterista di Gutièrrez, vero!”
– “Senta, lei ha pagato il biglietto?” – 
– “Veramente, no” – 
– “Ecco, io l’ho pagato e sono qui per ascoltare la musica, non le sue chiacchiere.”-

I fotografi
Quanti più fotografi con zoom lunghi come cannoni ci sono, tanto più un evento è importante. Roccella Jazz è importantissimo. Certo, non c’era il caos sottopalco che ho visto fare ai fotografi al Torino JF, che si fotografavano a vicenda, ballavano, cantavano; ma lì lo potevano fare, il pubblico era tutto in piedi, non c’erano poltroncine. Qui, a Roccella,  c’era un movimento elegante, discreto, senza disturbo della visuale, senza disturbo ai musicisti: nessuno è salito sul palco, e si sa quanto i fotografi vorrebbero catturare immagini da vicino. C’erano i professionisti puri e c’erano gli appassio-nisti, quelli che della passione per la fotografia ne hanno fatto un secondo motivo di vita. Insieme contribuiscono a non farci perdere la memoria degli attimi vissuti e a farci scoprire attimi che ci erano rimasti sconosciuti. Ogni tanto si punzecchiano sui social ma anche questo fa arte, è un altro tipo di “impressione”.

La musica
La prima serata aperta dall’indiscusso Dave Hollande con il suo contrabasso che è uno ma ha dentro un’orchestra intera. Vero jazz.
Seguito da Sofia Rei Trio, una bella voce calda con punte di acuti degni di una Carmen di Bizet.
Conclude Chico Freeman: atmosfera da jazz club del dopocena, con un ray whiskey nel bicchiere di Normann Copenhagen; nel locale non si fuma ma una nuvola ti avvolge e ti rilassa tanto che alle 00.40 mi arrendo al relax e vado via.
La seconda serata ha offerto prima Josè Louis Gutiérrez  con Iberjazz, con suoni prodotti con tutti gli oggetti possibili, finanche con lo scotch da pacchi, finanche con un cavallo giocattolo che galoppava sui piatti della batteria… molto coreoaudiografico!
Gran finale con la mitica Sun Ra Arkestra, a festeggiare i 100 anni dell’orchestra ed i 90 del suo sassofonista Marshall Allen in forza all’Arkestra dal 1957. Undici musicisti, vestiti come dèi egizi, coloratissimi,  luccincantissimi, simpaticissimi. La forza del novantenne Allen, in piedi per tutto il concerto, senza mai sedersi, senza mai bere, con la mano destra velocissima sui tasti del sax, il fiato perfetto. La verve trascinante di tutta l’Arkestra che, come si addice ai miti, conclude la serata con l’uscita di scena di ogni singolo musicista, uno ad uno, mentre ancora suonano. Quando vi capiterà di vederli ancora?
Menzione a parte merita il concerto  OpeRa Dentro è fuori, di Raul Colosimo, tenuto  il 20 agosto a Marina di Gioiosa al teatro romano: un mix di suoni, immagini, visioni, corpi. Un esperimento molto ben riuscito, con la collaborazione di Elio Carrozza e Luca Daniele per le immagini, dirette da Paolo Imperitura (suona come una cosa fatta in casa, invece no!), e con diversi musicisti giovani talenti da brividi, la Provisional Emigré  Orchestra: un’onda calabra quasi perfetta.

La radio
Chiusi dentro un gabbiotto rosso, gli speaker di Radio Roccella, la radio del Festival, hanno condotto in maniera originale le dirette delle due serate. Un squadra fortissima, con la novità di Manuela Cricelli, che da voce annoverata tra le prime 100 del panorama jazz italiano, è diventata commentatrice d’eccezione  per questa edizione di RJ. Grazie alla Radio se non ho perso neanche un attimo dell’ultima serata quando, sono arrivata con un po’ di ritardo accumulato nel traffico della statale 106: la radio accesa in macchina  mi ha fatto esser diversamente puntuale.

I direttori artistici
Ben due, in diarchia: un uomo e una donna. Vincenzo Staiano e Paola Pinchera. Fulgido esempio (come si usa per gli eroi) di parità di genere e di integrazione di esperienze e competenze. Lottatori di sumo per riuscire a tenere in vita viva il Festival, li ho visti sorridere soddisfatti e con lo sguardo proiettato nel futuro.

Concludendo
E’ stato troppo breve questo RJ d’estate, una sorta di assaggio di ciò che avrebbe potuto essere e che gli organizzatori vorrebbero che sia nell’inverno che verrà.  Bello, sì. Però… Mi son mancati i concerti al Porto delle Grazie (e non credo che l’inverno renda ospitale il Porto), mi son mancati i pomeriggi all’Auditorium e le successive corse verso il Teatro al Castello (immagino che l’inverno sarà stanziale all’Auditorium, senza corse, al massimo un thè caldo. A proposito, dov’è il bar?).  Mi è mancata la parabola ascendente del Festival, è stato più come un trovarsi su un trampolino e buttarsi giù: veloci salti carpiati e splash! Niente preliminari, direttamente al sodo!
Che dire? Accogliamo la “stra-ordinarietà” di quest’anno e godiamocela più che possiamo,  sperando che per il prossimo si esca dal margine e si  ritorni  ai vecchi fasti. E anche di più.  Perché ormai si sa: a mia, mi piaci ‘u jazz!

 

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