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scorzetteLo ascoltavo inconsapevolmente in radio, così come capita con ogni brano nuovo che prima lo percepisci lievemente le prime volte che viene mandato in onda, poi cominci a sentirlo perché ogni giorno le tue orecchie lo notano, fino a diventare familiare e ad incuriosirti. E allora cominci a cercarlo: chi è? Che brano è? Allora fai una shazammata e subito scopri tutto. Quella musica, quel “Amen Amen” che suona come “Hey man, hey man” che in memoria tu hai come spiritual, riecheggiante da un coro Gospel in una sera di vacanze di Natale, ti comincia a frullare in testa e ti ritrovi a canticchiarlo e ti rendi conto che ti piace, che ti emoziona, che ti suona dentro. Così prendo a cercare notizie di questo signorino Hozier che canta “Take me to church” scopro che in realtà si chiama Andrew Hozyer Byrne è irlandese e ha solo 24 anni. Cantautore. Lo cerco su Youtube, playlist, ascolto, riascolto e la ricerca successiva la faccio su iTunes, album Hozier, eccolo, omonimo, Hozier, 2014, click! Preso!

E adesso va’, tutto l’album mi suona nelle orecchie dalle cuffiette mentre giro per casa o per la città: i tram lo conoscono bene, anche i bus,  e pure l’asfalto. “Don’t take this the wrong way, you knew who I was with every step that I ran to you, only the blue or black days, collecting strange perfection in any stranger I choose, would things be easier if there was a right way, honey there is no right way… And so I fall in love just a little bit every day with someone new,  I fall in love just a little bit every day with someone new…” canto e cammino, cammino e canto e mi dico: è vero, ha ragione il ragazzo, anche io fall in love just a little bit every day. Che sia una musica, un oggetto, un fiore, un capo d’abbigliamento, un cibo, un ingrediente, un autore, una persona nuova, una foto, un libro, una frase… anche io fall in love just a little bit every day! Rende più belli i giorni.

Stamattina sono uscita, Hozier mi cantava nelle orecchie con un ritmo spiritual-rock, With her straw-blonde hair, her arms hard and lean, she’s the angel of small death and the codeine scene ed i miei piedi si muovevano a tempo, adoro camminare e adoro farlo a ritmo della musica che sto ascoltando. Certo, camminare al passo di To be alone oppure di Sedated o ancora di From Eden non è semplice, rischio di intasare il traffico, o di farmi prendere per ubriaca: dovrei rallentare, poi accelerare, dondolarmi e non è bello sentire le sirene del 118 che si avvicinano giusto a te… Stavo andando al mercato a fare la spesa, non ci andavo da un pezzo. Sapevo che il mio mercante di fiducia, Dino Conta, aveva sospeso per un pò la sua attività di vendita per colpa della crisi e all’alternativa di un altro mercante sconosciuto, avevo preferito il reparto frutta e verdure del supermercato dove tutto è “controllato”. E pure “bio” (che poi, che sarà mai ‘sto bio? Una volta o l’altra devo cercare di capirlo. Avevo letto da qualche parte un qualcosa tipo Oh caro bio che ti vedo scritto dappertutto. Boh!). E ora sentivo che dovevo tornarci, che dovevo provare a trovare un altro mercante e affidarmi a lui.  Mi tuffo tra i banchi del mercato, osservo diffidente, i tendoni grigioverde, uno attaccato all’altro di lato e di fronte; frutta e verdure a destra e a manca, stretto il passaggio, ogni tanto qualche banco di carne con tendone rosso, colori, profumi, odori, mi sento come se stessi passeggiando dentro “la Vucciria” di Gattuso, c’è anche qualche banco di pesce. Noto un tendone giallo con vegetali da una parte, frutta e verdura così ben esposte che sembra che mi chiamino “Mara, Mara…”; dall’altra parte una esposizione di formaggi che pare uno stand di Cheese a Bra: tome, gorgonzola dolci, piccanti, con mascarpone e noci, caprini, robiole, ricotte, mozzarelle, yogurt mi chiamano “Mara, Mara…”. Mi fermo, metto Hozier in pausa, alzo gli occhi da quel paradiso e “Mara, Mara, ciao!” . “Dino?!”

Dino è tornato! “Ma che scherzo è questo, Dino? Che ci fanno i formaggi sul tuo banco?”

“Sai, Mara, – racconta – è vero che la crisi mi stava consumando, ma io ho deciso di consumare lei e allora ho accettato una sfida. Ho rilevato il banco di un mio amico che voleva darlo via, ho deciso di rischiare il tutto per tutto, e coi pochi risparmi che ancora avevo da parte ho fatto il colpo di testa. E ti dirò, ho fatto bene! Sto vedendo una leggera ripresa ma costante, i clienti li ho, sono fidelizzati come te e allora non mi posso proprio lamentare! Mi sono fatto la scorza.”

“Dai, Dino, sono contenta! Allora ti ritrovo qui? Sai che era da tanto che non venivo più al mercato? Non riuscivo ad essere soddisfatta delle mie spese. Sapessi che sollievo ritrovarti qui! E Dolores, come sta?”

Sorride, solleva le spalle e mi fa: “Dolores sta bene, cioè, per come sa stare bene lei… Tra un mal di testa ed un mal di ginocchio, da qualche settimana, per spostare l’attenzione dal suo corpo, si dedica alla cucina: ogni due/tre giorni sforna biscotti alle nocciole, tiene una scatola per casa e gli altri li regala alle amiche. Buoni sono buoni, ma ad ogni morso sento: ahi!” E continua a sorridere.

“E brava! Una bella cosa, un bell’impegno, proficuo. Senti, Dino, a proposito di dolcetti, è tempo di scorzette al cioccolato. Che arance mi dai che siano buone da mangiare e con la buccia adatta? Non me le dare dolci che non mi piacciono, non riesco proprio a mandarle giù.”

“Guarda, Mara, ti do queste, sono arance rosse di Sicilia, hanno un ottimo succo e una buccia spessa e soda che fa al caso tuo. Un paio di chili?”

“Si, si, va bene. Senti, però non posso andare via solo con le arance guardando tutti quei formaggi. Dammi anche una fetta di quel gorgo con le noci, voglio farmi male!”

“Ottima scelta! E’ freschissimo, ti divertirai a gustarlo, vedrai!”

Dino mi prepara i pacchetti con il suo risaputo garbo, io li metto dentro il sacchetto di tela, pago e lo saluto: “Ciao, Dino, grazie” Allora ci vediamo presto, sempre qui, al solito posto!”

“Ciao, Mara, alla prossima, e buone scorzette!”

Riaccendo Hozier, mi canta Work Song mentre torno a casa When my time comes around, lay me gently in the cold dark earth, e penso che la work song di Dino oggi potrebbe cantare parole di fiducia e speranza.

Sono a casa, prendo 4 arance, le sbuccio con il classico metodo del taglio netto di cima e base, faccio i tagli verticali, tolgo la buccia, poi la taglio ancora a listarelle. Metto le bucce in una pentola con acqua a coprirle e le faccio andare, dopo 10 minuti di ebollizione spengo e le scolo. Le rimetto in pentola con acqua e zucchero in parti uguali, le faccio bollire stando attenta a non farle bruciare, è facile che accada, per 10 minuti almeno le giro e rigiro, devono candire. Prendo un foglio di carta forno e quando le bucce saranno candite le metto su, distese una vicino all’altra, le spolvero con lo zucchero.

Resteranno ad asciugare per qualche giorno, dopo averle rigirate e spolverate ancora con lo zucchero. Quando saranno ben asciutte, scioglierò il cioccolato fondente a bagnomaria, ce le immergerò per metà e le metterò ad asciugare su un foglio di carta forno per qualche ora. E saranno pronte!

Mentre candisco le scorzette mi viene in mente Dolores: starà mica facendo biscotti? “Amen Amen. Take me to Church, I’ll workship like a dog at the the shrine of youe lies…”

 

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