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imageAdoro i fari. Ci abiterei in un faro. E tra i fari della Calabria jonica reggina il mio è bello di un bello come un faro sulle bianche scogliere di Dover.
Visto dando le spalle ad ovest, appare così il Faro di Punta Stilo: come se stesse sul precipizio di una bianca scogliera del Kent e davanti ad esso il vuoto verticale fin giù a toccare l’imboccatura del Mare del Nord.
Ma qui c’è il Mare del Nord dello Jonio reggino. Il Faro di Punta Stilo abita qui; di giorno riposa mentre le auto passano sulla Statale 106; e poi i camion, gli autobus che portano su e giù studenti e lavoratori pendolari tra le province di Reggio e Catanzaro. Più in là, verso est, la ferrovia che proprio in questo punto, passando sotto un ponte della Statale, torna dalla parte del mare attraversando tunnel di vegetazione mediterranea. Che agavi! Che acacie! Che fichidindia! Che cactus, direbbe Lear!
E ogni tanto gli passa sotto il naso anche qualche treno sopravvissuto alla razzìa dei governi.
Davanti gli sta il mare e tra questo e la ferrovia dorme in coma farmacologico il tesoro di Kàulon, in attesa dell’onda perfetta che ogni anno arriva a bocca aperta e mangia un pezzo di terraferma appartenuta alla Magna Graecia. Oh Jonio, profondo e potente che ancora custodisci e celi tesori, alza la tua onda, falla salire alta la tua acqua, scavalca Kàulon, supera e va oltre il Faro e arriva là, dove acqua serve a spegnere le fiamme. Spegni quelle fiamme, spegnile per sempre! E lascia accesa solo ‘A Lanterna. Chè ‘A Lanterna volevano spegnere. Volevano!
E tu, Faro di Punta Stilo, continua a dormire di giorno e a volteggiare di notte, piroetta e volgi il tuo occhio lungo, una volta a Kàulon e una volta a ‘A Lanterna. Chè sabato prossimo ‘A Lanterna si riaccenderà per la ripartenza. E sarà festa. E festa sarà.

Torino, 17 dicembre 2015

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