
È Natale.
Difficile scegliere un augurio, li abbiamo tutti; sorvoliamo sulla pace, sorvoliamo sulla salute, cos’altro ci manca?
Ho come l’impressione che sia un Natale difficile. Non si riesce a scegliere cosa regalare, ogni cosa appare già vista, già presa, già regalata, già presente. La verità è che abbiamo tutto e anche di più.
Oggetti. Abbiamo tutti gli oggetti del mondo.
Poi accade come oggi: apri i giornali (anche online) e scopri che, per la terza volta nello spazio di una settimana, un quotidiano dedica un servizio al “Natale no contact”, cioè un “Natale senza contatto” lontano dalla propria famiglia, per scelta non per necessità; diverse testimonianze di figlie, figli, sorelle, fratelli, nipoti… che non vogliono tornare a casa per le feste, vogliono stare lontano dalle probabili scintille provenienti dai fuochi incrociati dei parenti, lontano dalle ingerenze affettive di madri, sorelle, nonne, zie, distante dalle distanze di padri, madri, sorelle, fratelli, parenti tutti…
E mi chiedo: perché insistere su questa notizia? Per far sentire di moda chi vive questo disagio? Per contribuire all’espansione del fenomeno? Per scoraggiare il rientro a casa, visti i prezzi dei viaggi? Per accrescere l’egoismo e l’egocentrismo di cui tutti ormai siamo intrisi? Per far aumentare la voglia di stare da soli perchè la nostra egobolla ci regala una comfort zone come nessuno mai?
Perché?
Dobbiamo credere che cerchiamo di avvicinarci agli oggetti mentre ci allontaniamo (rifiutiamo) le persone, gli affetti?
Mi dispiace ma non ci sto!
Perché, nonostante tutti noi, è Natale ancora ed io sento che gli unici Auguri che posso farvi è di desiderare un “Natale contact”, vicino ai vicini e ai distanti, agli ingerenti e agli scintillanti.
Che tanto, in fondo, a Natale tutti siamo pronti a dire che ci piace ‘o presepe!
Buon Natale
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