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(articolo pubblicato su Zoomsud a questo link)

Di fronte al dilagare dei fenomeni di violenza contro le donne, negli ultimi giorni si registrano, da più parti, tentativi di contrasto al fenomeno. Alcuni esempi e poi qualche domanda.

Abbiamo letto nei giorni scorsi dell’arrivo a Milano, all’Università Bicocca, di Patricia Scotland, membro della Camera dei Lord e fondatrice di GFEVD (Global Foundation for Elimination of Domestic Violence). GF EDV “intende proporsi come catalizzatore di esperienze e di metodi promossi nel Regno Unito, al fine di promuovere un cambiamento a livello globale e mettere in atto una risposta coordinata contro la violenza domestica.”  Durante l’incontro è stata siglata una partnership con l’Università di Milano – Bicocca.  Marina Calloni, docente di Filosofia Politica e sociale è stata nominata ambasciatrice della Global Foundation for the Elimination of Domestic Violence e si occuperà di lavorare alla realizzazione di EDV Italy, attraverso una prima fase di ricerca e di sensibilizzazione presso le istituzioni. Marina Calloni, insieme a Simonetta Agnello Hornby, ha recentemente pubblicato il libro “Il male che si deve raccontare. Per cancellare la violenza domestica”, Feltrinelli,  i cui proventi andranno a finanziare il progetto di EDV Italy. Il cosiddetto “metodo Scotland”, applicato nel Regno Unito, ha prodotto ottimi frutti: gli omicidi di donne sono sensibilmente diminuiti, tanto che da 49 nel 2003 si è arrivati a 5 nel 2010. Tale metodo si fonda sull’operatività della rete attiva di servizi ed istituzioni che lavorano con metodologie e tecniche definite e condivise.

Il neo-Consiglio comunale di Locri, nella prima seduta che si terrà il prossimo 14 giugno, su proposta della lista civica Impegno e Trasparenza (entrata in Consiglio all’opposizione), ha inserito tra i punti all’ordine del giorno, la “costituzione di parte civile dell’Ente in tutti i procedimenti penali nei quali siano contestate condotte violente di tipo fisico e psicologico sulle donne”. La motivazione che ha accompagnato tale proposta è la  “necessità di tutelare le donne contro qualsiasi forma di violenza ed al fine di contrastare il fenomeno del femminicidio e della violenza domestica, in ossequio a quanto stabilito dalla Convenzione del Consiglio d’Europa siglata a Istanbul l’11 maggio 2011”. Si specifica nella proposta che “le condotte violente vanno dallo stupro allo stalking, dai matrimoni forzati alle mutilazioni genitali” e che bisognerà impegnarsi “a prevenire tali condotte, eliminando ogni forma di discriminazione e promuovendo la concreta parità tra i sessi, rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne”.

Ancora un libro, stavolta lo scrive un “addetto ai lavori”: il generale Luciano Garofano, ex comandante del RIS di Parma. Insieme a Rossella Diaz, ha da poco pubblicato I Labirinti del Male, ed. Infinito, in cui racconta storie vere di donne e ci conduce nei drammatici labirinti del male, tra paura, rassegnazione, umiliazioni e brutalità. Dallo stalking all’omicidio, i due autori, attraverso i racconti dei familiari delle vittime di femminicidio, portano alla luce le responsabilità delle istituzioni.

Lodevoli iniziative, lodevoli scritti, non c’è dubbio. Ma, come diceva qualcuno, le domande nascono spontanee. E ve le lascio qui di seguito.

Quante donne denunciano piuttosto che “sopportare”?

E una volta che hanno denunciato, dove sono i servizi che prendono in carico il loro problema?

Non sarebbe il caso, dunque, di sollecitare le istituzioni a sensibilizzare sì, ma contestualmente a mettere in campo azioni di sistema concrete, atte a prevenire, affrontare e risolvere il problema? Togliere il finanziamento, per esempio, alla legge regionale calabrese denominata Progetto Donna, non è un segnale di regressione quando ci serve progredire? I Centri antiviolenza, le case di pronta accoglienza, i centri di ascolto, i servizi sociali professionali, in Calabria, dove sono collocati?

 

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