“Buongiorno, Mara!”
“Buongiorno, Mariella!”
“Tutto bene?”
“Si, si, grazie, tutto bene a parte la pioggia. Adesso potrebbe smetterla!”
“Hai ragione, ne ha fatta che basta. Vieni, ti presento la mia nuova collega.”
Stamattina a scuola è arrivata Martina, la nuova collaboratrice scolastica, ma a me piace di più chiamarla alla classica maniera, bidella. Martina ha 21 anni, è stata chiamata dalla scuola per una supplenza temporanea; la bidella titolare ha dovuto prendere un periodo di aspettativa. E’ carina, dolce, garbata, appare intimorita dietro gli occhiali da nerd, i capelli ricci castano chiaro tirati in una lunga coda di cavallo. Arriva dall’estremo lembo d’Italia, dalla provincia di Trapani. Ci scambiamo le reciproche gioie di ritrovarsi tra “conterranei” sudici, possiamo dirci anche qualcosa in dialetto, ci capiamo. “Mi hanno chiamato per questa supplenza, non potevo rifiutare, mi pariva piccatu”. “Hai fatto bene ad accettare, vedrai che qui ti troverai bene. Ti faccio i miei Auguri!” . “Ti ringrazio, buona giornata, ci vediamo.”
E al mattino arrivo a scuola e guardo, osservo Martina, 21 anni e un coraggio grande così. Riservata, quasi timida, assolve ai propri compiti col sorriso, contenta.
Quest’altra mattina è arrivata una nuova mia collega stavolta, un’insegnante. Dovrà sostituire per una settimana una collega assente. Si chiama Aurelia, viene dal Salento, è simpaticissima, motivata, esperta d’arte, appassionata. La settimana diventa doppia, s’è assentata un’altra collega. Poi tre, forse diventerà un mese.
Martina ha trovato sistemazione in una casa di Suore che fa accoglienza residenziale, ha la sua cameretta per 350 euro al mese, deve tornare entro le 21.30 e deve provvedere per i pasti.
Aurelia ha trovato sistemazione in un Bed & Breakfast. La prima settimana avrebbe dovuto pagare 15 euro al giorno e procurarsi pranzo e cena: poi, vista la proroga della permanenza è giunta ad un accordo con i proprietari, pagherà 400 euro per un mese.
E’ mercoledì mattina. Arrivo a scuola e noto qualche linea di tristezza sul volto di Martina. “Buongiorno, Martina!” “Buongiorno, Mara! Sai, ho preso una decisione”. “Che decisione, Martina?”. “Finisco la settimana e me ne torno a casa, la scuola non paga puntuale, il Fondo d’Istituto non è stato ancora definito, ed io non ce la faccio a mantenermi, dovrei chiedere aiuto ai miei, che hanno già i loro problemi…”. Resto immobile, penso ma non trovo parole per poterla incoraggiare e convincerla a restare e resistere. L’unica cosa che mi viene da dirle è “Mi dispiace, Martina. Pensaci bene, però, prima di mollare, l’incarico durerà fino a fine anno scolastico”. A nulla valgono le parole, Martina ha già preso la sua decisione. Venerdì mattina è arrivata a scuola con la valigia ed un sacchetto con dentro dei cioccolatini che porterà ai suoi.
Non passano più di tre giorni, stiamo facendo programmazione, arriva Aurelia. I suoi corti riccioli neri sembrano avere un diavolo per capello più del solito. Si mette a raccontarmi di essere andata per una giornata intera in giro per musei: tutta la collezione della Galleria d’Arte Moderna “Li puoi studiare, ma quando vedi davanti a te un Morandi, un Burri, un De Chirico, è tutta un’altra cosa!”; il Raffaello a Palazzo Madama “Quel San Giuseppe, senza barba, vedi le sue rughe, ti sembra vivo.” Ci dice quanto le è piaciuta Torino, che ci sono infinite opportunità di cibare l’animo, lo spirito, anche il corpo. Se non fosse… “Però, colleghe, devo dirvi che mi sa che non ce la faccio a restare. Sto già in deficit, la scuola non mi pagherà subito, colpa del Fondo d’Istituto che non è stato ancora definito. Sto facendo un investimento, ma non ho forze, non voglio, a 30 anni, dover pesare sui miei genitori pensionati. Non posso chiedere a loro di anticiparmi i soldi necessari…” E così anche Aurelia si arrenderà, dice che finirà la prossima settimana e poi se ne tornerà a casa.
E’ la scuola ridotta di oggi, sono i giovani lavoratori, sono le speranze troncate. Non è più bellezza.
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