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frittelle di fiori d'acaciafrittelle di fiori d’acacia

Da quando cantava The last request, il ragazzo Paolo Nutini mi era entrato nelle orecchie e,  passando per nervi acustici, solleticando i neuroni, attraversando le arterie con salti pari a quelli ischemici,  mi era arrivato dritto al cuore. Mai una delusione, sempre belli i suoi brani; lo scozzese Nutini è quello che si dice “un bravo cantautore”. Ha posto nel mio iPod con tutti e tre gli album: These Streets, Sunny Side Up e Caustic Love, da poco pubblicato. Ed io non mi stanco di ascoltarlo.

Ecco il sabato, e sabato ecco il mercato. E finalmente c’era il sole e il cielo non era grigio ma azzurro, azzurro azzurro. Mi sono messa comoda, con un pantajazz, una maglietta, le scarpe da ginnastica,  la felpa del Salone del Libro (giusto per ricordare a tutti che giovedì 8 aprirà i battenti) e, cuffie nelle orecchie, sono uscita. Lui, Paolo Nutini, cantava in modalità random, e… Coming up easy….Sunday morning, got the hazy, hazy janes, I turn to you and inhale where you lay. Took a wander trough the garden, to await the long, long day, and then roll for a while on a violet flowerbed… Cammino a passo ritmato, faccio slalom tra le persone che si affollano davanti alle bancarelle e subito fiuto una novità. Le persone che mi passano accanto hanno qualcosa di nuovo, di fresco, sono come rinate: non hanno odore stantìo o di eccesso di produzione liquidi da ghiandole sudoripare. Oggi sembrano appena uscite dalla vasca da bagno colma di oli essenziali, pro-fu-ma-no! E sorridono. Sarà questo caldo raggio di sole che fa ricordare che sì, può piovere, ma siamo sempre in primavera inoltrata e, dopo la pioggia, il sole c’è e scalda tutto, anche la voglia di profumare.

“Buongiorno, Mara! Dove te ne vai?”

“Buongiorno, Dino!” stoppo Nutini  “Tutto bene?”  (A Torino non chiedi Come stai?) “Fammi un po’ vedere cos’hai di invitante stamattina.”

Infilo la testa sotto la tenda del banco e comincio ad osservare. Ho davanti a me una distesa di frutta: in primo piano cassette di mandarini di Sicilia, pere William da Cortina; subito dietro, a scala, vaschette di prugne del Cile, misti bosco lamponi mirtilli more, meloni dolcissimi dei Caraibi, kiwi Nuova Zelanda; ancora dietro, salendo, fragole di Matera, mele pink lady e “grenny smyt” (che sta per “greensmith”)  della Val di Non; e poi le noci di Grenoble, i limoni di Sorrento, ananas della Costa d’Avorio, uva Moscato. Un affresco di colori e di profumi che invadono occhi e narici, sfumati con mano da pittore tra i toni del giallo, del marrone, del verde,del rosso, tutta la scala cromatica c’è.

“Dino, quanta bella roba! E che prezzi contenuti rispetto alla provenienza! Sai che l’altro giorno da Eataly ho visto delle verdure, non dico a km0 ma a km5, che costavano € 8.90 al chilo? Ma chi se le compra?”

“Le comprano, Mara, le comprano. Vuoi mettere, comprare da me un chilo di mandarini di Sicilia o comprare da Eataly un chilo di “clementine coltivate a coccole quotidiane di reading poetici con sottofondo musicale alternative-lounge, da agricoltura biologica”?

“Ahahah, Dino, piuttosto, dimmi, com’è che non hai niente di tuo oggi?”

“Altro che! Guarda, ammira!” E mi indica una cassettina traboccante di rametti di fiori d’acacia, bianchi, profumatissimi di miele.

“Di nuovo fiori mi fai comprare? E’ vero che adoro i fiori ornamentali, ma stavolta mi sa che i fiori me li devo mangiare, vero?”

Sorride Dino e, porgendomi un cartoncino arrotolato a mo’ di pergamena, fermato con un filo di rafia colorata chiuso a fiocco, continua: “Tieni, qui trovi la vera ricetta piemontese per fare le frittelle di fiori d’acacia”.

Sciolgo la rafia, srotolo il cartoncino e leggo:

“Friceu ‘d fiur ‘d Gasia”

Ingredienti: 400 gr, di farina, 50 gr, di zucchero, un litro di latte, due tuorli, 4 albumi sbattuti, due cucchiai di olio d’oliva, un pizzico di sale, fiori acacia.

Preparazione: togliere il picciolo dai grappoli dei fiori, immergerli nella pastella preparata con tutti gli ingredienti. Friggerli in abbondante olio caldo. A fine cottura, se si gradisce, spolverarli con zucchero a velo.

Mi convince anche oggi, Dino. E così mi faccio dare una manciata di fiori d’Acacia. Mentre me li confeziona fa sfoggio del suo sapere: “ L’Acacia è conosciuta anche come Robinia; i suoi fiori molti li conoscono perché li associano al miele. Sai, hanno origini antichissime, pensa che gli egizi lo associarono al culto di Osiride e credevano che il legno d’acacia avessero il potere di ridare la vita. E le foglie d’acacia sono anche simbolo di resurrezione, della rinascita del pensiero, e per questo motivo sono anche simbolo della Massoneria. Lo sapevi?”

Ed io: “No, non lo sapevo; ma adesso ho dei motivi in più per mangiarli! Grazie, Dino, sei il principe dell’acacia! Vado a cucinarli, ma credo che userò la ricetta calabra, semplice, solo acqua, sale e farina. E i fiori. Niente zuccheri, sono già dolci di natura. Ti saluto, buona giornata, ciao!”

Dino ricambia il mio saluto e, come sempre, mi sorride. Riprendo la mia strada e già immagino la preparazione delle frittelle, e pregusto il dolce sapore di acacia mielosa sulle labbra. Riaccendo Nutini e vado a chiudermi in cucina. “Oh you kiss my lips again and again and again, and then again, again…

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