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Fino a poco tempo fa girava, e forse gira ancora, una sorta di decalogo che, elencando determinati comportamenti, metteva in condizione di testare la propria calabresità. Sei calabrese se…ve lo ricordate?

C’era di tutto, dai pacchi ricevuti dai figli che vivono in altre città, ai facili inviti a trascorrere qui le vacanze estive rivolti ai semisconosciuti, al fatto che si conoscono tutti i concittadini, o a  prendere la macchina per fare 100 metri, o a quando incontri fuori dalla Calabria un concittadino e lo saluti calorosamente mentre solitamente… neanche di striscio! Le caratteristiche del “tipo” calabrese continuano, sono oltre trenta, c’è una vasta possibilità di scelta.

Da qualche tempo, invece, pare che anch’esse abbiano subito i danni prodotti dalla crisi. Troppo spreco! Occorre tagliare anche qui. Ecco che allora, sulla stampa e nelle teste di alcuni benpensanti, il calabrese è stato ridimensionato e può vantare soltanto tre fondamentali caratteristiche.

Sei calabrese se…

… mangi nduja da colazione a cena, c’è scritto anche sulla carta d’identità alla voce residenza.

… devi riscattare la tua terra indossando i panni dell’antindranghetista.

… vivi esclusivamente a ritmo di tarantella.

Certo, devo ammetterlo, tra i trenta qualche caratteristica me la ritrovavo e così sapevo di essere calabrese. Ma ora sono in forte crisi.

Primo, perché la nduja la mangio raramente. Bruci’assai!

Secondo, perché sono antindranghetista dentro e non fuori. L’altro giorno aspettavo i ministri Ornaghi e Profumo (cultura e istruzione) e c’hanno mandato Cancellieri (interno): fate voi.

Terzo, una tarantella ogni tanto va bene, ma sempre sempre…
E ve lo devo dire? A mia mi piaci ‘u jazz!

 

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