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(articolo pubblicato su Zoomsud.it a questo link)

Dopo due anni di assenza, finalmente sono tornata al Salone Internazionale del Libro di Torino. Ci andavo da quando ancora si chiamava Fiera. Quest’anno ho fatto il biglietto aereo con larghissimo anticipo, mesi prima, appena saputo che la prima regione ospite sarebbe stata la Calabria.
Se negli altri anni questo era un appuntamento da non perdere, a maggior ragione quest’anno diventava obbligatorio esserci. Per la curiosità di vedere le novità nazionali, fare incontri internazionali, e per vedere la “bella” Calabria all’opera. Non certo per acquistare libri. Tranne libri difficili da trovare (rari), perché uno dovrebbe comprare libri a prezzo pieno (non a prezzo da Fiera ma, appunto, da Salone) quando al supermercato li trova scontati? E perché se li può ordinare via internet dovrebbe appesantirsi, col rischio che le compagnie aeree gli facciano pagare la penale sul bagaglio del viaggio di ritorno?

Al Salone del Libro si va per curiosare, per prendere spunti, idee, stuzzicare la creatività, soddisfare il bisogno di stare in un posto che per cinque giorni diviene “l’ombelico del mondo”; incontrare scrittori, autori, editori, musicisti, cantanti, opinionisti, giornalisti; correre da uno spazio all’altro per ascoltare questo o quell’autore, magari parlarci; fare lunghissime file per vedere i propri beniamini.

Di solito era così.

Quest’anno, invece, a parte ciò di cui vi ho già reso partecipi, c’è stato l’elemento novità rappresentato dalla Regione ospite. Per la prima volta, infatti, oltre ad un Paese straniero ospite, quest’anno il Cile, c’è stata anche la regione ospite. La nostra Calabria ha inaugurato questa nuova consuetudine. Benedizione! Un cartellone di tutto rispetto, un catalogo/programma di tutto rispetto, pur se con qualche notevole assenza. Un cartellone che, sicuramente, avrebbe potuto essere migliorato. Ma non me la sento di avere lagnanze, credo che il lavoro profuso dagli addetti sia da elogiare, a partire dall’Assessore regionale responsabile fino ad arrivare fino all’ultimo facchino che ha portato i pacchi all’uscita alla chiusura della kermesse. In fondo, era la prima volta e forse, qualche errore glielo si può anche perdonare. Certo, la comunicazione avrebbe dovuto funzionare di più e meglio, altrimenti come spiegate voi il fatto che non v’è cenno della Calabria ospite su nessun media nazionale e non ci sono foto degli eventi calabri nella fotogallery ufficiale del Salone? Solo noi calabresi, nel nostro piccolo abbiamo scritto e postato foto dove abbiamo potuto, e devo dire che leggendo i diversi commenti su giornali e social network, mi è tornata in mente la favola di Esopo de La volpe e l’uva. La maggior parte dei commenti più duri, infatti, sono quelli scritti da chi non c’è stato, da chi non ha vissuto direttamente quei giorni. E voglio dirvi che è stato un bene che non tutto fosse perfetto, perché così nei momenti meno avvincenti si ritornava lucidi e si veniva presi da una sorta di asfissia, una sensazione di ingabbiamento nei confini regionali ed una irrefrenabile voglia di uscire fuori, di andare per gli altri stand e padiglioni, in giro per il mondo, urlando: basta Calabria!

Perché, maledizione!, questa Calabria ci fa spuntare le radici su qualsiasi suo terreno e ce le fa crescere in fretta, anche altrove, anche su una pedana di legno, basta solo che se ne pronunci il nome!

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