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(pubblicato su Zoomsud.it a questo link)<

Ritorna Trame, il festival lametino, “primo evento culturale dedicato ai libri sulle mafie”. Dal 19 al 23 giugno, una cinque giorni con scrittori, lettori, musicisti, giornalisti, registi: presentazioni, dialoghi, discussioni, proiezioni, concerti, laboratori, lezioni. Tutto con un unico filo conduttore: le mafie.
Mi sono sempre chiesta, sin dalla prima edizione (siamo alla terza), quale sia la necessità di un festival come questo. Voglio dire, se sia indispensabile celebrare la produzione letteraria e culturale antimafia. Come se, per contro, esistesse un’altrettanta produzione pro-mafia. Nel programma si legge di concerti e musica contro le mafie. E qual è, invece, la musica a favore delle mafie? Mi viene difficile darmi delle risposte e le domande aumentano. Non è che celebrando l’antimafia, indirettamente e involontariamente si celebra il pro-mafia? Infine, quante edizioni di Trame dobbiamo aspettarci?

Come se non bastasse, per la presentazione del Festival, leggo sulla stampa nazionale alcuni titoli che mi inquietano. La sintesi sta in questo titolo apparso su La Stampa di Torino: Contro le mafie ci vogliono le donne. E nell’articolo viene spiegato che Il Festival dedica idealmente questa edizione a tutte le sindache, giornaliste, magistrate, scrittrici, insegnanti, mogli, madri, figlie, che con la loro determinazione, la loro forza e spesso con la loro ribellione stanno determinando vere rivoluzioni sociali in Calabria e nel resto del Paese. Moltissimi i libri che parlano al femminile con autrici, testimoni, donne magistrato, rappresentanti dell’associazionismo: scritti da donne o che parlano di donne, rappresentano il filo conduttore del Festival. E mi chiedo (e vi chiedo): perché dare a noi donne anche questa responsabilità?

Dopo tutto questo, leggo sulla stampa locale che il 22 giugno a Gerace ci sarà la tappa conclusiva del tour di Francesca Prestìa, la cantastorie che, sotto l’alto patrocinio del MIUR (Ministero Istruzione Università Ricerca) e dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), ha portato in molte scuole calabresi la sua Ballata di Lea, ispirata alla storia di Lea Garofalo, in un progetto contro le mafie che l’anno prossimo sarà esteso a tutta Italia. Sulla locandina dell’evento di Gerace c’è scritto: Dedicato a Lea e a tutte le donne calabresi. Ancora le donne, tutte le donne calabresi. E allora, stavolta mi chiedo: ma che abbiamo fatto di male, noi donne (e donne calabresi) per meritare tutte queste responsabilità e queste dediche?

Ma non è che, in fondo, avevano ragione Chaoqui e Naso?

 

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